Numero 13/2019
28 Marzo 2019
Stili, nazioni e… Matrioske!
Tra i primi passi dell’appassionato birrario c’è sicuramente lo svincolarsi da un “concetto geografico” della birra, che stereotipizza un Paese identificandone a priori gli stili ivi prodotti.
Ad esempio, le persone a cui piace “solo la birra tedesca” si aspettano birre Lager chiare e mediamente alcoliche, coloro che parlano di birra belga la identificano con l’abazia e “la meditazione” e, infine, gli amanti di Ale made in UK pensano all’assenza di schiuma e alla scarsa carbonazione.
Lo stereotipo, si sa, ha sempre una parte di verità, ma non abbraccia la totalità dei casi e, spesso, neanche la maggioranza.
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Le birre Lager, bavaresi e chiare, fatte con l’esclusivo uso di malto d’orzo, sono sicuramente tradizionali e largamente diffuse nella Baviera e si sono intrinsecamente legate alla città di Monaco nella morale comune. Tuttavia, la vera birra storica di Monaco è la ambrato-scura Dunkel, più facilmente derivabile dall’acqua della città, più idonea allo stile.
Se l’Editto della Purezza tedesco del 1516 vietava l’uso di cereali che non fossero orzo per la preparazione della birra, alcune sacche teutoniche resistenti hanno perpetrato con decisione l’utilizzo del frumento per brassare Weizen (anche scure), Gose e Berliner Weisse che, oltre tutto, non sono Lager. Gose e Berliner Weisse inoltre hanno una notevole componente acida, che non ci aspetteremmo mai da una “birra tedesca”.
Colore, ingredienti e tipo di fermentazione non sono le uniche caratteristiche da svincolare dallo stereotipo tedesco. Anche l’alcolicità elevata di una Dunkelweizenbock, di una Doppelbock o di una Icebock ingannerebbe molte persone sulla provenienza teutonica della birra, in un assaggio alla cieca.
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Proseguiamo dicendo che il piccolo grande Belgio non è solo una Terra di tradizione monastica e trappista. Birre dal contenuto di etanolo medio-alto o alto, come Dubbel, Tripel e Quadrupel, non sono le esclusive produzioni del Paese. Anche lo stile Blanche, reintrodotto e riscoperto da relativamente poco tempo, non è l’unico porta bandiera belga.
Ruspanti stili di fattoria come le Saison identificano l’animo contadino della birra vallone e si fanno largo a suon di aromi fruttati e pepati.
Non si può parlare del Belgio senza citare la Bevanda per eccellenza: il Lambìc, fermentato spontaneamente e il cui storico consumo popolare è testimoniato anche in alcuni quadri (come il famoso “Banchetto nuziale” di Pieter Bruegel il Vecchio del 1567).
In Belgio anche la frutta è protagonista in ambito birrario, prendendo parte alla rifermentazione dello stesso Lambìc e dando vita a complesse birre acide come Kriek e Framboise. Se la parte francofona e capitolina del Belgio brinda con Saison e complesse birre a fermentazione spontanea, nelle fiandre si preferiscono da secoli le Oud Bruin (“Vecchie brune” in fiammingo), dal tagliente taglio tannico/acetico e dall’aroma dei malti scuri che riconduce al caffè Moka e ai frutti rossi.
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Se la Gran Bretagna è certamente famosa per le leggere e giovani Bitter spillate con una handpump, non scordiamoci la Terra di Elisabetta II ha dato i natali anche a birre molto scure come le London Porter, molto amare come le Pale Ale di Burton upon Trent o molto alcoliche come Barley Wine e Old Ale.
Quindi capiamo bene quanto sia erroneo classificare con solo uno stile o una tipologia una macroarea di produzione, da un lato poiché storicamente un territorio vasto come uno Stato ha molti tipi di usi, costumi e acque con cui brassare, dall’altro poiché (purtroppo) alla fine della fiera la quasi totalità degli litri erogati al mondo sono di Lager chiare, leggere e industriali, anche in Belgio e Gran Bretagna, Paesi unici per Storia e Cultura birraria.