Numero 08/2020
22 Febbraio 2020
Il Gruppo monacense Spaten-Löwenbräu
Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Spaten-Löwenbräu
(Spaten-Löwenbräu Gruppe) Monaco di Baviera/Germania
Gruppo birrario, tutto monacense, nato nel 1997 dalla fusione della Spaten (nome completo Spatenbräu) -Franziskaner-Bräu e della Löwenbräu Brauerei.
Nel 2003 il gruppo fu acquisito dalla belga Interbrew, mentre la parte immobiliare dell’azienda birraria andò alla SGI Sedlmayr Grund und Immobilien.
.
.
Nel 2006, causa la riduzione dei volumi prodotti, la storica sede del birrificio Spaten-Sudhaus in Marsstraße venne chiusa e trasformata in museo; mentre la produzione dell’intero gruppo rimaneva nella periferia di Monaco, nella Nymphenburger Straße.
Oggi il gruppo fa parte del più grande produttore di birra al mondo, Anheuser-Busch InBev SA/NV. E, superfluo sottolinearlo, nella produzione, si attiene rigidamente al Reinheitsgebot.
Spaten-Franziskaner-Bräu
Il libro delle imposte della città di Monaco di Baviera menziona, nell’anno 1397, il birrificio Hans Welser in Neuhausergasse. I Welser continuarono l’attività fino al 1522, quando la cedettero alla famiglia Starnberger. Cento anni dopo il birrificio passò a Georg Späth, la cui famiglia lo detenne fino al 1704, allorché fu rilevato dai Sießmayr che lo ribattezzarono Spaten, una deformazione scherzosa di Späth, che in tedesco significa “vanga” (pala per il malto, che diventerà il logo dell’azienda, con ai lati le iniziali di Gabriel Sedlmayr).
.
.
Già, la svolta decisiva si ebbe nel 1807, con l’acquisto di quello che risultava allora il più piccolo birrificio di Monaco proprio da parte del mastro birraio della Hofbräuhaus Gabriel Sedlmayr, che ingrandì la fabbrica e rese famosa l’azienda.
Alla sua morte, avvenuta nel 1839, subentrarono i figli, Gabriel II e Joseph. Il giovane Gabriel poté così applicare i metodi di fabbricazione appresi durante i frequenti viaggi in Europa, diventando il padre della moderna produzione delle lager che investì il mondo del secolo XIX.
I suoi studi svolti nel corso degli anni Trenta introdussero in Baviera metodi scientifici, in particolare l’uso del saccarometro per controllare la fermentazione. E le nuove tecniche bavaresi fecero presto a uscire dai confini del Regno. In quel decennio Gabriel si era avventurato nella preparazione della prima lager, di colore marrone scuro. Anton Dreher, suo amico e concorrente, fece un altro passo avanti creando a Vienna nel 1840-41 la lager ambrata. L’anno successivo nacque a Pilsen la prima lager chiara. Sempre nel 1842, Joseph Sedlmayr lasciò l’azienda di famiglia.
Nel 1851 la Spaten si spostò in Marsstraße. Nel 1867 risultava la più grande birreria di Monaco e, nello stesso anno, fu la prima e unica fabbrica di birra tedesca a ricevere la medaglia d’oro all’Esposizione Mondiale di Parigi.
Tra il 1871 e il 1872 Sedlmayr sviluppò anche uno stile märzen proprio per la Oktoberfest, una versione più scura della vienna, di colore rosso ambrato e ben segnata dal malto. La birra incontrò un favore tale che è a tutt’oggi in produzione, anche se abbastanza diversa. Nel 1873, su suggerimento di Anton Dreher, Gabriel collaborò con l’ingegner Carl von Linde alla costruzione del primo refrigeratore.
Tre anni dopo la Spaten era la prima fabbrica sulla terra che funzionava con il riscaldamento a vapore. Nel 1894 lanciò sul mercato la Spaten München.
Purtroppo nel 1891 il grande Gabriel II Sedlmayr aveva chiuso gli occhi per sempre, felice e orgoglioso di sapere che tutto il mondo utilizzava la refrigerazione e l’energia a vapore.
Ancor prima della Spaten, nel 1363 ovvero, il mastro birraio Seidel Vaterstetter fondò la Bräustatt bey den Franziskanern, la prima fabbrica di birra civica di Monaco, in Residenzstrasse, vicino a un monastero francescano, da cui il nome. Nel 1841 il birrificio si trasferì a Lilienberg, sobborgo orientale di Au.
Nel 1858 Joseph Sedlmayr e Augustin Deiglmayr, che aveva sposato la sorella, rilevarono la Franziskaner. Tre anni dopo Joseph Sedlmayr, proprietario anche della Leist-Brauerei, fondata probabilmente nel secolo XV, riscattò la quota del cognato nella fabbrica della Residenzstrasse e costituì la Franziskaner- Leistbräu la cui produzione, nel 1865, fu trasferita nel birrificio di Lilienberg.
Nel 1872 venne servita per la prima volta alla Oktoberfest una birra della Franziskaner, l’ambrata Ur-Märzen, prodotta in stile viennese.
Nel 1909 il birrificio fu trasformato in società per azioni familiare da Gabriel III, figlio di Joseph Sedlmayr.
Nel 1922, per fronteggiare la difficile situazione economica del dopoguerra, i due rami della famiglia Sedlmayr puntarono su una sinergia di capitali: nacque la Gabriel und Joseph Sedlmayr Spaten-Franziskaner-Leistbräu (Spaten-Franziskaner-Bräu).
Nel 1935 l’artista monacense Ludwig Hohlwein disegnò il logo del frate francescano, tuttora presente sulle bottiglie.
.
.
Nel 1964 il birrificio Spaten-Franziskaner produsse la prima birra di frumento, Spaten Champagner Weissbier. Ribattezzata, quattro anni dopo, Club White e commercializzata, nel 1974, come Franziskaner Hefe-Weissbier, nel 1984 essa iniziò a imporsi oltre i confini bavaresi per uscire addirittura dalla Germania con il passaggio del gruppo alla Interbrew.
Oggi la Spaten-Franziscaner-Bräu risulta secondo esportatore di birra della Baviera e il principale venditore negli Stati Uniti. E’ stata anche per due anni azionista di maggioranza della Dinkelacker-Schwaben di Stoccarda.
Anche se i suoi metodi di fabbricazione sono diventati tradizionali, la Spaten-Franziscaner è sempre stata all’avanguardia nel continuo processo di modernizzazione sia nelle tecniche di produzione che negli impianti d’imbottigliamento. E, dalla simbiosi fra tradizione e tecnologia avanzata, continua a tirar fuori autentici classici.
Orgogliosa poi del ruolo avuto nella nascita delle lager, presta alla fabbricazione di esse la massima attenzione. Sempre convinta che la scelta dei lieviti sia condizionata dalla loro adattabilità ai diversi mosti di malto nonché dal contributo che gli stessi possono dare alle sensazioni del retrolfatto, ne utilizza tre diversi: uno per le birre chiare di gravità normale, un altro per la bock e un altro ancora per i prodotti più scuri.
Non è infine meno fiera della vecchia tipologia di saporite e leggere birre di frumento. E, come tanti altri produttori, distingue lo stile con la combinazione contraddittoria di “chiara” e di “scura”. Questa gamma assorbe più della metà del potenziale produttivo.
Löwenbräu Brauerei
Per lungo tempo la sua nascita fu fissata nel 1383. Invece l’unica menzione attendibile è quella del 1524, anno in cui Jörg Schnaitter risulta proprietario di una Brauhaus, la Zum Löwen, in Löwengrube (cioè “tana del leone”). Löwenbräu invece (che vuol dire “birra del leone”, un nome molto comune tra i birrifici tedeschi) compare solo nel 1746 nei registri ufficiali della città.
Nel 1810 ebbe inizio la sua partecipazione alla Oktoberfest, con la Oktoberfestbier o Wiesenbier (dal nome del parco in cui si tiene la manifestazione).
L’espansione invece cominciò nel 1818, allorché l’azienda fu rilevata dal mastro birraio Georg Brey. Tra il 1826 e il 1855, la Löwenbräu risultava il più grande birrificio della città, con il maggior volume di prodotto esportato. Mentre, nel 1872, fu ribattezzata con il nome di Aktienbrauerei Zum Löwenbräu.
.
.
Bombardato durante un’incursione aerea nel 1945, il birrificio fu in seguito ricostruito, sempre in Nymphenburger Straße, dove è rimasto, nonostante i continui tentativi di AB InBev di spostarlo altrove.
Oltre al ricercato ristorante con terrazza di fronte alla fabbrica, possiede un’immensa birreria all’aperto nella Torre Cinese del parco chiamato Giardino Inglese. Ma il fiore all’occhiello è la Mathäser, presso la stazione ferroviaria centrale: la più grande birreria della città, che può ospitare fino a 5 mila persone. Durante le celebrazioni della Oktoberfest, questo locale diventa uno dei principali centri di aggregazione della festa.
.
.
Fino al 2002 la birra Löwenbräu per il mercato americano fu prodotta su licenza dalla Miller Brewing Company. Ma, benché venisse usato lo stesso metodo di produzione, il gusto era molto diverso. Pertanto ebbe inizio l’esportazione da Monaco. E, per distinguerla dalla versione americana, Miller Löwenbräu, quella tedesca fu lanciata sul mercato con il nome di Löwenbräu Original.
Nel 2012 invece fu chiuso il birrificio Lbm Breweries di Qormi (a Malta), aperto nel 1992 dalla Löwenbräu appunto.
Più conosciuta a livello internazionale, la Löwenbräu esporta circa un quarto della produzione. Le sue tipiche münchner rivelano un malto netto in buon equilibrio con il luppolo. Mentre va annotato che fu il primo birrificio non statale di Monaco a produrre la bock.
.
.
Spaten Münchner Hell/ München/Premium, münchner hell di colore dorato pallido (g.a. 5,2%). Versione, al top della perfezione, della prima lager chiara elaborata dall’azienda, è anche una delle birre più consumate durante la Oktoberfest. L’effervescenza media genera un’abbondante schiuma bianco sporco, sottile e cremosa, nonché di pregevole stabilità e aderenza. L’aroma è intenso e armonico, pulito e fresco, con lieve predominio iniziale di un amaro luppolo erbaceo che finisce per accettare presto come gragaria la dolcezza del malto e della frutta matura. Il bel corpo pieno si propone in una scorrevolissima consistenza acquosa. Nel gusto, la componente dolce e fruttata appare piuttosto blanda, a tutto vantaggio di un secco amarore: non viene, comunque, pregiudicato più di tanto l’equilibrio caratteristico di un classico monacense. Con una lieve perdita di rotondità, si attenua anche il contributo del rampicante nel corto finale, e le sfuggenti impressioni retrolfattive diventano deliziosamente amarognole.
.
.
Spaten Oktoberfestbier, oktoberfest/märzen di colore dorato con riflessi tendenti all’arancio (g.a. 5,9%). Offerta anche in fusti, è disponibile solo nel periodo autunnale. Fu la prima creata per la Oktoberfest. Quindi per tradizione è la prima birra a essere spillata per inaugurare l’evento. Un’usanza che risale al 1950, allorché il borgomastro di Monaco, Thomas Winner, inaugurò per la prima volta la Oktoberfest spillando personalmente la prima botte di birra della Spaten. Come tutti i produttori di Monaco, anche la Spaten ne ha ultimamente schiarito il colore. In ogni modo, questa märzen conserva il carattere di malto, benché meno deciso rispetto al passato. La carbonazione non è proprio vivace; nel suo perlage, la schiuma bianca, imponente e pannosa, ostenta sufficiente tenuta. L’aroma sopperisce alla scarsa intensità con una piacevole freschezza: sentori amarognoli e dolciastri si mescolano e si protraggono a lungo in un pot-pourri di grano, caramello, miele, crosta di pane, frutta secca e luppolo floreale, sotto l’egida di un alcol che si fa notare distintamente ma senza arrecare il minimo fastidio. Il corpo medio tende decisamente al leggero, in una squisita consistenza acquosa. Inizialmente, il gusto mette in evidenza la dolcezza del malto tostato, dei biscotti, del miele, della frutta matura; pian piano però si fanno strada note dense e pulite di luppolo che portano a un concitato finale, caldo e amarognolo. Il discreto retrolfatto si perde languidamente tra impressioni alquanto appiccicose di miele e caramello, di prugne e mele, avvolte nel tepore dell’etanolo.
Spaten Premium Bock, helles bock/maibock di colore giallo oro intenso (g.a. 6,5%). Le sue caratteristiche organolettiche le hanno procurato un enorme successo, sia in patria (dove i consumatori non sono per tradizione portati verso la particolare tipologia) che all’estero (in mercati, come quello dell’area britannica, difficili e contrari ai prodotti d’importazione). La carbonazione è piuttosto contenuta; la schiuma bianca, fine, enorme, soffice, di buona allacciatura e ritenzione. L’aroma si dona con forti sentori di caramello, biscotti, crosta di pane, frutta matura, malti tostati; mentre a malapena si fa notare dal sottofondo un
luppolo a base di erbe. Il corpo medio tende al pieno, in una tessitura oleosa. Il gusto, intenso, poderoso, saporito, si snoda moderatamente amaro, con qualche nota di liquirizia e di spezie. Il finale, brioso e persistente nella sua consistenza maltata, reca una rinfrerscante punta di acidità. Dalla secchezza del retrolfatto esala qualche suggestione di luppolo erbaceo.
.
.
Franziskaner Hefe-Weissbier/Weissbier/Naurtrub, hefe weizen di colore giallo oro ramato e dall’aspetto torbido (g.a. 5%). Prodotta secondo la ricetta del mastro birraio Seidel Vaterstetter nel 1363, risulta la weissbier bavarese più venduta nel mondo. Con una notevole effervescenza, la schiuma, di un bianco sporco, prorompe particolarmente alta, compatta e pannosa, ma non ha lunga durata. Gli aromi sono quelli tipici di una buona birra di frumento: floreali e speziati (chiodi di garofano e pepe), di agrumi ed esteri di banana, di lievito e frumento; in definitiva, un olfatto prettamente dolciastro, quasi burroso. Il corpo medio tende al leggero, in una consistenza abbastanza acquosa. Nel gusto, le note fruttate s’inchinano al predominio della banana; mentre emergono man mano dal fondo vaniglia, pepe, chiodi di garofano. Da parte loro, il carattere frizzante della birra e una lieve punta di amarore contribuiscono all’equilibrio, alla sapidità, all’appagamento. Il finale apporta una piacevole dolcezza di malto e un delicato acidulo da frumento. Nella discreta persistenza retrolfattiva eleganti impressioni di banana recano accenni di noce moscata e chiodi di garofano. Si tratta insomma di un prodotto fresco, gradevole e piuttosto saporito. Prima di versarlo, va un po’ smossa la bottiglia.
Franziskaner Weissbier (Kristall Klar), kristall weizen di colore giallo pallido con lievi riflessi dorati (g.a. 5%). L’aspetto cristallino è dovuto alla filtrazione speciale che elimina la base di lievito nella bottiglia. Tra i prodotti del birrificio, ha il pià alto grado di carbonazione. Viene commercializzata anche come Franziskaner Club Weisse (Kristall Klar). Splendida interpretazione della weizen filtrata, è riuscita a tener testa alle più blasonate Maisel’s e Schöfferhofer. Come la versione hefe, è una delle birre di grano più conosciute nel mondo. Con un’effervescenza quindi molto spinta, la schiuma bianca erompe fine e abbondante, soffice e cremosa, durevole e aderente. Il leggero aroma rinfrescante per il filtraggio e lievemente fruttato di birra cristallina non richiama quindi il lievito, come la hefe; ma si esprime con una dolcezza caramellata, tra sentori di banana e di frumento, delicatamente speziati dai chiodi di garofano. Il corpo medio ha una consistenza molto acquosa. Anche nel gusto si nota chiaramente l’assenza del lievito, mentre il luppolo e l’alcol si mantengono ai minimi livelli. Allora sale in cattedra il frumento, ricco di rinfrescanti note fruttate (banana, mela verde) e di agrumi, nonché con vago richiamo di gomma da masticare. Il finale arriva in una secchezza quasi pungente di spezie. Impressioni dolciastre e acidule esalano da un retrolfatto sottilmente ispirato agli esteri della banana. Per il carattere deciso e frizzante, pulito e rinfrescante, questa kristallklar si propone come prodotto estremamente dissetante.
Löwenbräu Original, münchner hell di colore giallo dorato vivace (g.a. 5,2%). La “chiara di Monaco”, una birra che ha reso questo stile famoso nel mondo. Con una carbonazione media, la spuma, finissima e di un bianco candido, si rivela abbondante ma non di così lunga persistenza. Benché fresco, l’aroma appare piuttosto debole nei suoi sentori, a tratti vaghi, se non addirittura sfuggenti, floreali e vegetali, in primo piano e in secondo, di lievito e malto, sotto l’egida di un amarore da luppolo. Il corpo medio ha una consistenza leggermente acquosa. Ispirato a un brioso, perfetto, equilibrio tra cereale e amaricante, il gusto risulta quasi neutro, in un’asciuttezza ai limiti dell’astringenza. Il corto finale accenna a qualche nota fruttata, presto fagocitata dalle impressioni amarognole del non certo più lungo retrolfatto.
Löwenbräu Premium Pils (Premium Lager), pilsner di colore giallo dorato chiaro (g.a. 5,2%). Con un’effervescenza decisa, la schiuma bianca prorompe enorme, spessa, tendente al cremoso, ma non si rivela così aderente e duratura. L’aroma appare piuttosto spento, comunque pulito e gradevole, a base di malto, agrumi, erbe, muschio, resina, legno bagnato, fieno, luppolo floreale; e con qualche sfumatura burrosa. Il corpo medio ha la giusta trama acquosa e scorrevole. All’imbocco, il gusto si presenta in una piacevolezza di malto caramellato; poi subentrano pian piano note di erbe aromatiche, luppolo terroso, lievito acidulo. Il finale, che si destreggia in una consistenza agrodolce, tra sensazioni di biscotto e di limone, sfocia in un breve retrolfatto asciutto e amaro.
.
.
Löwenbräu Triumphator, doppelbock di colore marrone scuro con riflessi rossastri (g.a. 7,6%). Prodotta per il consumo invernale, è una birra particolare e impegnativa, da intenditori insomma. La carbonazione è molto contenuta; la schiuma beige, abbondante, spessa, cremosa, durevole e aderente. L’olfatto si propone particolarmente interessante nella sua complessità: malto tostato, caramello, polvere di cacao, pane di segale, caffè torrefatto, zucchero di canna, convivono armonicamente con frutta secca e scura, alcol, fumo, cenere, luppolo, liquirizia. Il corpo medio tende al pieno, in una fluida consistenza tra oleosa e cremosa. Nel gusto l’intensità si attenua, senza alcun detrimento però per l’equilibrio. Alle note moderatamente dolci del malto caramellato e torrefatto, si contrappongono quelle blande della luppolizzazione; mentre il sottofondo lascia trasparire indizi fruttati, legnosi, speziati. Il finale, piuttosto asciutto e agrodolce, sa tanto di rabarbaro ed erbe officinali. Le sensazioni del corto retrolfatto propongono un amarognolo tostato e terroso con evanescente richiamo caramellato. Un prodotto, questo, da destinare tranquillamente ai momenti di profonda meditazione.