Numero 21/2021
27 Maggio 2021
La birra nella letteratura greca e latina: amata sì, ma meglio il vino!
La birra, come è stato evidenziato dalla bibliografia scientifica ed archeologica, è una bevanda che, in forme primordiali o surrogate, ha accompagnato la storia dell’uomo fin dall’antichità. Per molte popolazioni, in particolare quelle evolute nella Mezzaluna Fertile, ha rappresentato non solo una fonte di sostentamento, ma anche un cibo a forte valore rituale e religioso. Una bevanda alla quale sono state dedicate molti graffiti, steli ed iscrizioni di cui ancora oggi si trovano testimonianze storiche.
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La birra ha trovato spazio anche nelle opere di alcune autori greci e latini, grandi amanti del vino, i quali parlano di questa bevanda esotica, per la verità con scetticismo e a volte scherno, quando descrivono gli usi e i costumi di altri popoli.
Nella tragedia di Eschilo (Eleusi 525 a.C. – Gela 456 a.C.) “Le Supplici”, come accennato in precedenza, vi è un riferimento non molto lusinghiero alla birra, che viene impiegato, quasi in forma allegorica, per discriminare il popolo dell’antico Egitto. In particolare, la birra viene citata quando uno dei personaggi principali, il greco Pelasgo, re di Argo, si rivolge agli Egiziani in modo sprezzante dicendo che “Maschi ben troverete in questa terra [la Grecia], che non dall’orzo attingono l’ebbrezza ”.
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Tacito (55 ca. d.C. – 117 ca. d.C.), invece, nel volume “Germania” narrando le abitudini culinarie dei Germani “snobba” la birra definendola semplicemente “un liquido, ricavato dall’orzo o dal frumento, fermentato pressappoco come il vino”.
Più scientifica, ma tutt’altro che nobilitante è la descrizione che ne fa Caio Plinio Secondo (Como 23 – Castellammare di Stabia 79 d.C.) che nel libro XXXVII della “Naturalis Historia”.
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Grazie a questa opera si evince come la birra a Roma fosse conosciuta, ma poco consumata; anzi, era per lo più impiegata nella cosmesi femminile per la pulizia del
viso e quale nutrimento per la pelle. Viceversa, nelle Province dell’Impero era molto apprezzata e largamente diffusa, dalla penisola iberica alla Francia all’Egitto e ne descrive minuziosamente due tipi: la zyhum egiziana e la cerevisia della Gallia.