Numero 31/2020
27 Luglio 2020
La birra, protagonista nella storia – Capitolo 4
Il luppolo al centro della prima rivoluzione luterana
In questo episodio arriviamo ad un importante periodo storico, nel quale, volente o nolente la birra ne è protagonista, fianco a fianco di un uomo illustre, molto determinato e altrettanto famoso.
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“La birra è liquido di Dio pertanto va preservata nella tradizione”. In questo modo esordì nel 1839 Ludovico I (Strasburgo, 25 agosto 1786 – Nizza, 29 febbraio 1868), re di Baviera, quando si oppose alla richiesta di modificare sia la Legge di Purezza, seguita sin dal 1516 dai birrifici bavaresi, sia di ampliare i confini della produzione. L’industria della birra di Monaco, consapevole della forza del brand bavarese, aveva capito che avrebbe potuto incrementare i profitti con un aumento della produzione. Parimenti, anche chi era a corte iniziò a fare pressioni perché aveva intuito l’opportunità di guadagno che si prospettava. Ma l’intervento del ministro degli Interni, Carl August von Abel, fervente cattolico e convinto che la Baviera dovesse restare legata al cattolicesimo e respingere le richieste di ulteriori concessioni dei protestanti, mise la parola fine dicendo: “La birra di Monaco è una e una deve essere. La legge è scritta e discende dalla tradizione cattolica della Baviera”.
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Ma non è proprio così. Perché il simbolo della purezza della cattolica Baviera in realtà porta in sé il frutto del lavoro di una rivoluzione avviata da Martin Lutero, ossia il teologo iniziatore della riforma protestante. Furono infatti Lutero e i suoi seguaci, ben prima dell’affissione delle 95 tesi riguardanti il valore e l’efficacia delle indulgenze sulla porta della chiesa di Wittenberg, a promuovere l’uso del luppolo nella birra.
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L’origine del nome Lutero è una ripresa del cognome tedesco Luther, a sua volta derivante dal nome proprio Lotario. È composto dagli elementi lut, “gloria”, “fama” ed heri, “esercito”, e significa quindi “celebre guerriero”.
Martin Lutero nacque ad Eisleben (Germania) nel 1483 e vi morì nel 1546, all’età di sessantadue anni. Come i suoi coetanei da studente amava divertirsi nelle taverne di Erfurt. Nel 1508 proseguì gli studi teologici a Wittenberg, la capitale della birra della Sassonia ove a quel tempo vi risiedevano circa duemila abitanti e oltre 150 birrifici, molti dei quali erano di stampo casalingo. Gli studi proseguirono in modo proficuo e nel 1512 il giovane dottor Lutero divenne professore di teologia all’Università di Wittenberg.
Il suo nome divenne famoso nel 1517 quando inchiodò le sue 95 tesi sul portale della chiesa del castello di Wittenberg, deplorando la vendita delle indulgenze e altri mali della Chiesa cattolica.
Le tesi di Lutero dilagarono rapidamente in tutta Europa, specie a nord delle Alpi: in Germania, nei Paesi Bassi, in Gran Bretagna e nei paesi nordici. In sostanza, ovunque si bevesse birra.
Nel XVI secolo l’Europa si infiamma per il dibattito tra Riforma e Controriforma, attorno ad un argomento molto concreto per gli addetti ai lavori di quel tempo: la birra e l’impiego o meno del luppolo.
Per i luterani l’utilizzo del luppolo era un atto di ribellione contro la Chiesa cattolica, che all’epoca deteneva il monopolio sul gruit, ossia un mix di erbe amaricanti, utilizzato per la produzione di diverse bevande tra le quali la birra. Il gruit era tassato, utilizzato dalla chiesa come fonte di ricavi. Il luppolo tra queste però non compariva in quanto, essendo un’erba infestante, era considerata immonda dalla chiesa bavarese, priva di ogni qualsivoglia nobiltà d’utilizzo.
La corrente che propendeva per il “no” apparteneva allo schieramento cattolico, mentre il “si” era caldeggiato dai protestanti. La ricetta per fare la birra era monopolio della Chiesa cattolica e il Santo padre aveva il controllo sul mix di erbe che, per 700 anni, costituì uno degli ingredienti amaricanti indispensabili per produrre birra “a norma di legge”.
Il Papa di allora era Leone X, appartenente alla potente famiglia dei Medici di Firenze. Viveva nel lusso alla stregua di un principe appagando più i piaceri della carne che quelli dello spirito. Dopo la fumata bianca che sancì la sua nomina nel 1513, non badando a spese festeggiò per diversi giorni con i cittadini di Firenze. Nei calici si versava il vino direttamente da barili d’oro. Al suo arrivo a Roma venne accolto in pompa magna tanto che dalle fontane non sgorgava acqua, ma vino. Opulenza ed ostentazione clericale, in contrapposizione alla semplice sobrietà protestante. Nonostante il Papa disponesse di ampie ricchezze personali, all’inizio del XVI secolo la Chiesa cattolica aveva costantemente bisogno di denaro, in particolare per la costruzione della basilica di San Pietro a Roma.
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La Chiesa avviò una ingente raccolta fondi tramite la “vendita delle indulgenze”. In pratica a chi compiva buone azioni (nello specifico donando denaro alla Chiesa) si potevano cancellare i peccati per sé o per le anime del Purgatorio, in modo da accelerarne loro il passaggio in Paradiso.
In Germania tale pratica fu esasperata dal monaco domenicano Johann Tetzel che promosse con particolare successo l’acquisto delle cosiddette lettere di indulgenza, anche grazie al famoso slogan “Sobald das Geld im Kasten klingt, die Seele in den Himmel springt” (“Appena una moneta gettata nella cassetta delle elemosine tintinna, un’anima se ne vola via dal Purgatorio”)
Lutero criticava apertamente questa compravendita tanto da inimicarsi ben presto i rappresentanti di Dio. Nel 1520 Leone X arrivò al punto di emettere una bolla papale che gli intimava di rivedere le sue posizioni. Ma Lutero sulla pubblica piazza per tutta risposta diede fuoco alla missiva. Fu così che nel gennaio del 1521, fu scomunicato. Il principe di Sassonia Federico III il Saggio, anche lui grande appassionato di birra, diede il suo supporto a Lutero ed organizzò per lui una audizione presso la Dieta di Worms in modo tale che potesse esprimere e difendere le proprie tesi. Papa Leone X rispettava Federico III e la sua influenza politica e non prese provvedimenti più severi contro il suo protetto.
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Enrico I, duca di Brunswick-Lüneburg, nonché amico di Lutero, voleva che lo studioso si sentisse quanto più possibile a suo agio durante il soggiorno in Renania, mentre preparava la sua difesa, che poteva essere, letteralmente, questione di vita o di morte. A tal scopo gli inviò un barile di birra di Einbeck. Alla assemblea lo studioso non arretrò di un millimetro rispetto alle sue posizioni, cosa che lo condusse alla scomunica definitiva. Da quel momento fondò una confessione nuova, quella protestante.
Lutherstadt Eisleben, in italiano Islebia, è una città situata nella Sassonia-Anhalt. Appartiene al circondario di Mansfeld-Harz Meridionale. Sebbene questa cittadina sia piuttosto vicina alle aree più settentrionali dedite alla viticoltura (i vigneti lungo il fiume Saale sono appena a una giornata di cammino), sulle tavole degli abitanti di Eisleben del XVI secolo non si posavano calici di vino. La bevanda che accompagnava i pasti era la birra, a colazione come a cena. Il vino si beveva solo la domenica, somministrato dal pastore, vicino all’altare della chiesa.
Lutero fu messo al bando dall’imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V, diventando un fuorilegge e solo quando le acque si calmarono, nel 1522, tornò a Wittenberg. A chi lo criticava, Lutero replicava che fosse «meglio sedere in una taverna pensando alla chiesa piuttosto che sedere in una chiesa pensando alla taverna». Si racconta che Lutero tenesse in casa un grande boccale di birra decorato con tre righe che ruotavano tutt’intorno. La prima l’aveva battezzata “Dieci Comandamenti”, la seconda “Credo” e la terza “Padre Nostro”. Scherzava dicendo che riusciva in un sol colpo a scolarsi il suo boccale e contemporaneamente a ripassare mentalmente i tre pilastri della fede. Dopo la pubblicazione delle sue tesi, Martin Lutero divenne una figura pubblica sempre sotto controllo. Nel 1525 sposò Katharina von Bora, ex monaca tedesca. Katharina aveva imparato a produrre birra in convento e continuò a prepararla anche dopo, in casa.
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Alla morte di Lutero nel 1546 lo spartiacque tra protestanti e cattolici nell’area del Sacro Romano Impero tedesco corrispondeva a quello tra terre del vino e terre della birra.
Nel Medioevo il gruit era uno degli ingredienti principali della birra: si trattava di una mistura di erbe che serviva ad aumentare la conservazione della birra oltre che a donarle una aromaticità in più. Le erbe che lo componevano erano il mirto del Brabante (erba principale), rosmarino selvatico, foglie di alloro, achillea mille fiori, resine di conifere.
A conferire un po’ di gusto al rapporto tra scismi religiosi e birra è stato l’ingrediente ormai classico e imprescindibile delle birre moderne, e cioè il luppolo (Humulus lupulus L.). Negli stessi decenni del primo Cinquecento, mentre in Europa si avviava una vera e propria campagna sui principi della dottrina cristiana, si disputò anche l’ultima grande battaglia tra il gruit e il luppolo nella conquista dell’anima della birra.
La luppolatura era nota sin dall’VIII secolo; fu specialmente lo scritto Physica natura (Libro delle creature) della religiosa e naturalista tedesca Ildegarda di Bingen, vissuta nel XII secolo, a diffondere la conoscenza di tale pratica nei circoli intellettuali europei: «Il luppolo è caldo e secco, contiene un po’ di umidità. […] Il suo gusto amaro […], quando aggiunto alle bevande, previene in queste ultime la putrefazione e conferisce loro una durata più lunga».
I vantaggi del gruit nella produzione della birra erano piuttosto simili a quelli del luppolo. Dava sapore alla birra e, soprattutto, ne migliorava la conservabilità, riducendone l’amarezza. Il mirto del Brabante era una pianta comune nelle pianure dell’Europa centrale, pertanto nel Medioevo procurarsi il gruit non era difficile. Tuttavia, il suo uso non era appannaggio di tutti. Risalgono già al IX secolo, infatti, i primi editti conosciuti (i Gruitrecht) che concedevano ai monasteri un monopolio sull’uso del gruit, prassi che nei secoli successivi divenne diffusa in tutta l’Europa centrale. Monasteri, vescovadi e altri detentori dei diritti sulla miscela ebbero il permesso di concederne l’usufrutto anche ad altri produttori, ovviamente dietro compenso. La compravendita dei diritti sul gruit si trasformò di fatto in una specie di tassa indiretta sulla birra che generò entrate significative per la chiesa cattolica.
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Il luppolo era già nel XIII secolo l’aroma principe della birra in Polonia, paesi baltici e Russia, arrivando a sfidare un po’ alla volta la supremazia del gruit anche in Germania e nei Paesi Bassi. Il cambiamento però richiese secoli, perché da un lato c’era la tendenza a voler preservare le vecchie usanze, e dall’altro c’era il “sapore amaro” del luppolo, infatti la birra aromatizzata con il gruit era molto più dolce della birra luppolata. In Olanda il luppolo vinse sul gruit nel Trecento e nel corso del Quattrocento la Chiesa smise di riscuotere la tassa sul gruit. In Germania il passaggio avvenne più tardi, tra il Quattrocento e il Cinquecento. Ma, nelle regioni lungo il Reno, nella Germania occidentale, il gruit rimase in auge più a lungo. A Colonia, per esempio, il luppolo superò la popolarità del gruit solo nei primi anni del Cinquecento. Uno alla volta, i birrifici tedeschi abbandonarono il gruit che, goccia dopo goccia, alleggerì gradualmente le casse della Chiesa cattolica. Insieme alla pubblicazione delle tesi di Lutero, il passaggio dal gruit al luppolo divenne anche una scelta politico-religiosa. Per il luppolo non c’erano tasse da pagare al Papa, nemmeno nelle regioni controllate dai cattolici. La popolarità del gruit precipitò e in pochi decenni, nella prima metà del Cinquecento, la birra aromatizzata con il mirto di palude divenne una reliquia del passato.
Nella storia della Chiesa e della birra in Europa era stata aperta una nuova pagina, ormai al gusto di luppolo.
Fonti: Wikipedia, TesiOnline, Storia dell’Europa in 24 pinte