10 Gennaio 2016
Peroni: un grande marchio italiano, che forse diventerà giapponese
La notizia sta rimbalzando sulle piazze mondiali: l’industria giapponese Asahi, noto marchio di birra nipponico, formalizzerà a giorni alla SabMiller un’offerta d’acquisto per Peroni e Groschl.
L’operazione è conseguenza della fusione tra la britannica SabMiller e l’acquirente belga Anheuser-Busch InBev, che sarà ricordata come una delle transazioni più onerosi nella storia delle imprese brassicole (stimata in oltre 100 milioni di euro). Per questo la multinazionale con sede in UK avrebbe deciso per la messa sul mercato del marchio Peroni, di dimensioni relativamente ridotte a livello commerciale e strettamente legato al mercato nazionale.
Un altro pezzo di Italia che cade nelle mani di proprietari orientali? Sembra proprio che il destino sia segnato.
Ma la storia del marchio Peroni, non perderà di certo il suo legame con il Made in Italy: la Ditta Francesco Peroni nacque, infatti, nel lontano 1846 a Vigevano, nell’ allora Regno Sabaudo. Nel 1864, Francesco, intuendo le potenzialità del mercato della futura Capitale d’Italia, avviò una seconda fabbrica di birra a Roma, delegando l’attività al figlio Giovanni Peroni.
Nel 1890, approfittando dei buoni rapporti maturati negli anni con l’imprenditore Giacomo Aragno (di cui Giovanni Peroni sposò la figlia Giulia), venne inaugurato il nuovo Caffè “Peroni & Aragno”, che per mezzo secolo fu il centro della politica e dell’arte della capitale italiana.
Nel 1907, integrando il business del ghiaccio con quello della birra e investendo fortemente sulle dotazioni industriali nacque la Società Anonima Birra Peroni, Ghiaccio e Magazzini Frigoriferi. Birra Peroni acquisì così una posizione leader nel settore birrario in Italia.
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Dopo il primo conflitto mondiale, ebbe inizio una fase di acquisizioni e apertura di nuovi stabilimenti: Bari nel 1924, Napoli nel 1929, Livorno nel 1939. Molti marchi locali vennero assorbiti e le rispettive fabbriche trasformate in centri di imbottigliamento: Birra Perugia nel 1926, le Birrerie Meridionali nel 1929, la milanese Birra d’Abruzzo nel 1930, la Birra Partenope e la fabbrica Birra Livorno nel 1938.
Nel 1943 venne requisita dalle truppe tedesche la produzione della fabbrica di Napoli (ex Birrerie Meridionali) e vennero fatti saltare in aria alcuni impianti, ma non tutti, permettendo così alla Peroni di riprendersi già nel Marzo del ’44. Nel 1955 venne inaugurato il nuovo stabilimento di Napoli.
Alla fine degli anni ‘50 vennero acquisite la fabbrica Dormisch di Udine e la fabbrica Faramia di Sivigliano in provincia di Cuneo, mentre nel 1960/61 vennero acquisite l’Itala Pilsen di Padova e la Birra Raffo di Taranto.
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La fine degli anni Sessanta segnò l’inizio del mito della bionda Peroni, che nacque nel 1967, da un’idea del creativo Armando Testa, che coniò lo storico motto “Chiamami Peroni sarò la tua birra”.
Tra il 1963 e il 1964 nacque Nastro Azzurro.
Negli anni ‘80 grazie a un accordo con il gruppo Heineken, la Peroni si impegnò a distribuire sul territorio nazionale la birra Amstel, concedendo in cambio la licenza per la produzione e commercializzazione della birra Peroni in Ontario tramite la Amstel Brewery Canada Limited.
Nacquero così la birra tipo Black e la Peroni analcolica, quest’ultima sostituita, nel 1988, dalla Tourtel.
A causa di un processo di razionalizzazione degli impianti, nel 1984 chiuse il deposito (ex stabilimento) di Livorno e la fabbrica di Savigliano (Ex Faramia), nel 1985 chiuse lo stabilimento di Taranto e nel 1988 quello di Udine.
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Nel 1988 la Peroni, per contrastare il Gruppo Heineken, che nel frattempo aveva strappato la leadership del mercato italiano, siglò un accordo con la multinazionale BSN Gervais Danone, che prevedeva tra l’altro l’acquisizione della Wührer da parte della Peroni. Nel 1989 chiuse lo storico stabilimento Wührer di Brescia e nel 1993 quello di San Cipriano Po (ex birra L.E.O.N.E.).
La produzione rimase così concentrata sugli stabilimenti di Roma, Napoli, Bari e Padova (ex Itala Pilsen).
Speriamo che, nonostante le preannuciate rivoluzioni in ambito della proprietà del marchio, non si verifichino situazione spiacevoli per le strutture produttive e per l’indotto legato alla celebre birra italiana.